Francesco Faraci
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Le Belle di San Berillo

Nella nera Catania, a pochi passi dalla centrale via Etnea, si snoda un dedalo di strette vie circondate da basse case e antichi palazzi nobiliari ormai in rovina: è San Berillo. Per i catanesi è il quartiere delle puttane. Il simbolo dello scandalo, della perdizione e della perversione. È odiato, eppure tutti, almeno una volta nella vita, ci hanno messo piede. Senza differenze di classe o di ceto: avvocati, medici, operai e semplici perdigiorno, nessuno resiste al piacere ammaliatore della carne. Alcuni sentono il bisogno di un brivido, altri invece cercano soltanto un gesto d’affetto che gli faccia dimenticare le asprezze della vita. Amori che nascono e muoiono nello spazio di un amplesso, coperti dal segreto custodito dalla luce delle candele appena cala il buio. Gli uomini camminano con il passo di chi ha fretta, senza incrociare gli sguardi degli altri passanti, quasi strisciando fra i muri di mattoni rossi ricoperti da scritte tentatrici.

San Berillo è un calcio al perbenismo dell’italia maschilista, benpensante e sessuofobia. Il regno incontrastato delle prostitute e dei transessuali, immersi in un’atmosfera romantica e decadente, degna della migliore opera felliniana. Stordisce il silenzio, interrotto solo dal miagolare dei gatti che popolano, a centinaia, quartiere. Le edicole votive agli angoli delle strade popolate di Madonne e di lustrini vegliano alla luce flebile di ceri sempre accesi. Ci sono loro, le belle, sedute sui marciapiedi di questi vicoli odoranti d’amore e di piscio, sugli usci delle case in subaffitto, senza corrente e senza acqua, dalle mura crepate ricoperte di muffa e di sesso, fra gli specchi rotti, le lenzuola ben ordinate e sempre pulite, i preservativi ancora impacchettati sparsi sui letti e le immagini dei Santi appese alle pareti. Stanno li, davanti alle porte, con le braci accese per scaldarsi, ad attendere i clienti, col passare degli anni sempre meno numerosi, con i loro problemi e le loro storie tormentate alle spalle.

L’affetto e i sorrisi, la loro disponibilità e dolcezza, la loro delicatezza anche, volendo esattamente essere ciò che sono, senza nascondersi dietro filtri o ipocrisie. È facile innamorarsi di Rosaria, Ornella, Brigitte e di Veronica, anche per chi è meno disposto. Basta immaginare che dietro quelle labbra pronunciate, sotto i vestiti succinti, il mascara e il cerone vivono esseri umani, che hanno amato, che hanno sofferto e vissuto intensamente ogni attimo di questa cosa che noi chiamiamo vita e che nulla ancora chiedono se non che si parli di loro, per non sentirsi dei diseredati, dimenticati e osteggiati da tutti per le loro scelte.

Rosse Luci a Catania
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